di Salvo Barbagallo
“Da Staten Island a Marsala: la lunga marcia di Garibaldi” di Santi Maria Randazzo è un malloppone di 286 pagine edito da Albatros che, a vederlo in libreria, ha una copertina invitante e tanto basterebbe per dire “bravo” all’Autore senza leggerne il contenuto. Ma non sarebbe corretto limitarsi a “guardare” la copertina, conoscendo la serietà che pone Santi Maria Randazzo in ogni ricerca che affronta proprio con il cosiddetto “spirito garibaldino”, costantemente incurante delle mode e degli accademici piaceri del momento. Dunque, più che doveroso affrontare la lettura di questo “Garibaldi”, cercando di mettere da parte la risaputa personale “antipatia” per questo protagonista d’altri tempi.
È un viaggio tra il saggio, il racconto e il mito, quello che affronta Santi Maria Randazzo che muove i personaggi di questa storia (che storia, comunque fu) sulla scacchiera degli eventi che portarono “il” Garibaldi prima negli States e poi nel profondo sud di una terra che si chiama(va) Sicilia, a Marsala.
Sin dalle prime battute – nostra interpretazione – si comprende l’impostazione che Santi Maria Randazzo, dà alla sua “ricostruzione” degli eventi. Lo si comprende già quando descrive lo stato d’animo di Garibaldi al suo arrivo in “America” nell’estate del 1850, in esilio a seguito condanna del governo piemontese: “Quella notte e nelle notti successive Garibaldi dormì poco e male, costretto a fare i conti con i suoi cupi pensieri che lo opprimevano e che davano vita a sogni inquietanti come gli capitava ormai spesso, intento a riflettere e valutare quali decisioni prendere per il suo futuro immediato….”. Santi Maria Randazzo, in poche parole, non si accontenta di “descrivere” il personaggio Garibaldi analizzando le sue “imprese”: vuol andare a fondo, inoltrandosi negli inesplorati meandri di una mente certamente non comune, per cercare di scoprire (forse) le recondite motivazioni che animavano la sua avventura terrena.
Discorso indubbiamente complesso, tenuto conto dell’articolata esistenza dell’eroe, spinto spesso da interessi che potevano andare molto al di là delle stesse ideologie che professava.
Inevitabile, pertanto, incontrare la “storia” lungo le (quasi) trecento pagine di quest’ultima fatica letteraria di Santi Maria Randazzo. Quella “storia” poche volte approfondita dagli studiosi e dagli ammiratori di Garibaldi che, spesso e volentieri, hanno trascurato i mille e mille risvolti che l’hanno composta, soffermandosi più sulle conclusioni degli avvenimenti che non su ciò che concretamente li ha provocate.
Nel volume di Randazzo si incontrano più o meno tutti gli Uomini di quegli anni “formativi”, quelli che, poi, portarono alla cosiddetta “unità” d’Italia: i Borbone, Mazzini, Cavour, Crispi, e così via. Già, Crispi e quel suo viaggio in Sicilia dal quale era tornato “convinto che nell’isola fossero ormai maturate le condizioni politiche che preludevano allo scoppio di moti rivoluzionari antiborbonici che riteneva fossero ormai ampiamente condivisi dalla popolazione”. Quel Crispi talmente convinto ”che chiese la collaborazione di Rosolino Pilo, il quale in quel momento si trovava in Inghilterra, chiedendogli di tornare in Italia e di aiutarlo a convincere Garibaldi a capitanare una spedizione in Sicilia…”. Quel Rosolino Pilo – come annota puntigliosamente Santi Maria Randazzo – che invierà una lettera a Garibaldi, il 22 febbraio del 1860, con la quale lo informa che “…in Sicilia i volontari per l’unità d’Italia, organizzati da alcuni nobili e dagli intellettuali più progressisti, erano pronti a mettere a ferro e fuoco il Mezzogiorno d’Italia al grido di Unità e libertà”, senza tralasciare il problema principale, “la necessità di reperire denaro ed armi al fine di garantire la riuscita dell’impresa…”. Randazzo ritorna sugli stati d’animo del “G”: “… Quella sera e nei giorni a venire Garibaldi dormì, quando poté, sonni agitati, essendo combattuto tra il dare le risposte che gli venivano suggerite dal suo spirito rivoluzionario e di combattente, che gli suggerivano di aderire immediatamente alla proposta di Rosolino Pilo, e la sua esperienza di capo militare, che gli permetteva una più realistca visione strategica delle situazioni da affrontare…”. Notti agitate quelle di Garibaldi e di tanti altri che, in un momento o in un altro, alla fine si trovavano (chissà perché…) a soggiornare a Londra. Una “Londra” capitale della Massoneria abituata a intromettersi negli affari di altre nazioni per seguire non solo il filo dei propri interessi coloniali, ma anche per gettare le basi del progetto della creazione di un Nuovo Ordine Mondiale. L’Italia e la sua “unità” politico-territoriale che si realizzerà in quel periodo coperta da luci e ombre, sono in un modo o in un altro il prodotto delle ambizioni inglesi: appoggiano senza riserve i disegni di Mazzini e Cavour, creano le condizioni per lo sbarco dei Mille a Marsala guidato dal massone Giuseppe Garibaldi.
Tante “cose” ci sono e altre non ci sono nel libro di Santi Maria Randazzo.
Un libro che vale la pena leggere, ma che bisogna saper leggere: non è solo un “romanzo storico”, come qualcuno lo ha definito. Forse Santi Maria Randazzo ha voluto anche dire che è la Storia stessa tutto un romanzo…
Santi Maria Randazzo
“Da Staten Island a Marsala: la lunga marcia di Garibaldi”
Edizioni Gruppo Albatros
Novembre 2021